Riflessioni indotte dal film “Il corpo della sposa” di Michela Occhipinti (2019) e dopo aver letto quanto riportato sul film da “Al cinema con lo psicoanalista” di Vittorio Lingiardi (Raffaello Cortina Editore 2020).

“Gavage. Se googlate questa parola ai più sconosciuta (significa alimentazione forzata) il primo riferimento che trovate riguarda le oche all’ingrasso per la produzione del foie gras. Se cercate meglio scoprite che è anche una pratica diffusa in Mauritania: ragazze da matrimonio ingozzate perché acquistino peso, decine di chili, per compiacere l’ideale estetico dei mariti e raggiungere lo status sociale evocato dall’opulenza del corpo. Perché, dice il proverbio mauritano, “una donna occupa nel cuore del marito il posto che occupa nel suo letto”. Il corpo della sposa è il bel film che Michela Occhipinti dedica al gavage della giovane Verida e alla sua metamorfosi. Dieci pasti al giorno, sveglie notturne per trangugiare enormi tazze di latte e carne grassa, una bilancia mai sazia.

È sempre un canone maschile a disegnare il corpo delle donne e spesso le donne finiscono per interpretarlo.

Per esempio, solo il 20% delle ragazze mauritane viene costretto al garage; le altre lo scelgono, celebrandolo nel rito femminile del Wengala.

A ogni latitudine la storia di una donna può coincidere con la battaglia per diventare padrone del proprio corpo. Perché non sia scheletrico, violentemente obeso o sfigurato dalla chirurgia plastica”.

Ogni individuo si vede come l’immagine che la sua psiche gli propone di volta in volta e come pensa che questa sia vista dagli altri. Spesso si cerca d’interpretare il modello socialmente ritenuto vincente (la moda del momento), conformandosi a quell’immagine, ci s’inserisce automaticamente in un gruppo d’individui che hanno lo stesso comportamento e che può pertanto essere studiato, manipolato e sfruttato da chi ne ha interesse.Talvolta è tale la necessità di apparire, di essere al centro della considerazione degli altri, che si tende a mercificare il proprio corpo.

Il consiglio: cercare di vedere l’anima nel volto delle persone ed in particolare di quelle amate, in tal modo si resta indifferenti alle variazioni della maschera che invecchia e fedeli all’anima conosciuta e/o amata.